La felice ristrutturazione dell'Alpeggio Petosan, in Valle d'Aosta

A La Thuile, in Valle d'Aosta, Brambilla Orsoni Architetti Associati hanno felicemente ristrutturato l'Alpeggio Petosan, un antico mayen, rispettandone l'aspetto esterno e reinventandone l'interno, con l'uso dei materiali tradizionali. Il mayen è "un nucleo autonomo pensato per dare ristoro e protezione all'uomo e ai suoi animali in un luogo isolato, e assoluto, l'Alpe". È l'emblema di una vita che poco concedeva alla ricerca delle bellezza: nessuna finestra verso il paesaggio più interessante, nessuna comodità più del necessario.

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Nel suo intervento, lo studio non ha voluto cambiare i principi con cui l'edificio è stato costruito. Per spiegare la scelta, porta come esempio la costruzione antica delle finestre, poche e sparse in modo irregolare sulla facciata: "La finestra è un oggetto non migliorabile, efficiente, bellissimo, interamente in larice; ogni componente è scolpito dal pieno. Non potendole restaurare, abbiamo scelto di ricostruirle a mano, con lo stesso legno". E questo è stato lo spirito di tutta la ristrutturazione.

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Nella stessa facciata, sono state inserite nuove finestre (un lato ne era completamente privo al primo piano "perché la vita era dura e i contadini non sentivano l’esigenza di contemplare il panorama, essendone parte integrante". La loro realizzazione ha rispettato regole antiche: "La consuetudine avrebbe spinto verso una riproposizione dello schema , con una perfetta sovrapposizione in verticale. Ma il senso complessivo di legame tra interno ed esterno ne avrebbe risentito, perché ognuno dei tre spazi interni necessitava di luce in una precisa posizione".

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L'esterno ha infatti generato anche la progettazione dell'interno. I due piani sono caratterizzati da un nucleo centrale, una sorta di isola che contiene il blocco della cucina, la scala, i bagni e gli armadi. Ai lati di questo nucleo ci sono gli spazi della vita quotidiana: l'ingresso e una camera al piano terra, il soggiorno e l'altra camera da letto al primo piano. A dare calore a questo edificio severo, il legno, che tutto riveste: i pavimenti e le pareti sono in doghe di massello di larice, il nucleo centrale è in larice trattato con ossido di ferro e finito con sciolina.

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"Il nostro piccolo lavoro continua l’opera anonima precedente, con la consapevolezza di disturbare un equilibrio ma anche di poter mettere intelligenza e sensibilità nel cambiamento. Si inserisce nel mondo naturale pensando al contributo che questa casa rinnovata può dare al paesaggio" commentano gli architetti.

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Le foto sono di Eugenio Castiglioni


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